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Una strage a basso consumo

Una strage a basso consumo
Autore: Anna K. Valerio
Data: 04/12/2007

Gira, serpeggia, striscia una voce, tra i bassifondi dei neri che più neri non si può, insinuandosi giù, giù, nelle lubriche orecchie di giornalisti evidentemente a corto di argomenti (ed altrettanto evidentemente affamati di diritti di penna di cui non faranno certo la 'spartenza'). Che alcune delle più famigerate stragi italiane d'antan siano state organizzate in casa dei neri, appunto (se può dirsi casa quel recinto da sempre traversato da odii, invidie, rancori, calunnie intestine), per arginare la minaccia del comunismo. Con, in fondo, – è questa la notazione partorita da un celebre ragazzo armato romano del secolo scorso, che, nel '69, aveva poco più che il ciuccio in bocca – una manciata appena di vittime, un numero infinitamente inferiore rispetto a quello di qualsiasi rivoluzione esplicita, anche la più minuscola. Insomma, della serie: ecco a voi la rivoluzione furbastra, la rivoluzione sparagnina, la rivoluzione 'all'italiana'. Della serie: strage? Nooo: una drittata, per contenere lo spargimento di sangue. Le truppe d'offesa (più che altro, al gusto…) schiererebbero, secondo tali ipotesi: un fronte balistico comune contro la fascinazione sovietica del popolo, il fronte di tutti gli insofferenti e gli atterriti dai rossi, un pasticcio irreale, un ibrido assurdo di sbirraglia e rivoltosi noir, di monarchici e moderati, con propaggini addirittura nei servizi segreti statunitensi (sic!). Tutta gente distante anni luce dagli auspici di rivoluzione totale della Disintegrazione del sistema di Freda, dove si caldeggiava la venuta anche della falce e del martello, dove si soffiava sul fuoco rosso della contestazione, pur di impugnarlo come un'arma contro il sistema, come una provocazione che ampliasse le possibilità di una reazione.

Ora io, ovviamente, per età e inesperienza, di stragi e stragisti non saprò granché. Ma una cosa è certa. A me stragisti del genere, paladini contro il comunismo, più che destare riprovazione, farebbero ridere. Lì, a fornicare con lo yankee imbalsamato nella divisa?... A tutelare la democrazia sorta in contrasto con il fascismo?... Un guerriero nero, un nemico del proprio tempo – e quindi del popolo che consente con esso –, a prendere ordini dal soldatino dell'esercito italiano?... Ma dai! Mi sarebbe più facile, semmai, credere al contrario. A una lucidità nichilistica tale da giungere a fare di tutto e di tutti un'arma, di ogni potenza una possibilità di attacco al cuore del mondo moderno.  

Mattanze anticomuniste?? Arrivare a tanto, a una strage, solo per paura della falce e del martello?? E' da pivelli - ammettiamolo! Da dilettanti del crimine! Da piccini che più piccini non si può! E perciò, se le cose stessero così come biascica questo pugnetto di neofascisti appassiti da tempo, caduti nell'oblio e nell'inerzia, se i cosiddetti misteri d'Italia avessero una soluzione del genere, gli autori degli impopolari gesti andrebbero cercati necessariamente tra i piccini, tra le basse stature (non solo morali), tra gli ultimi degli ultimi, tra gli scarti, tra gli storpiati, tra i malriusciti dell''area'. Non certo tra i superbi fanatici, tra gli animati da grande passione, tra gli alunni di Eraclito ("uno val più di miriadi se è il migliore") e di Stefan George ("che cosa sono, per Lui, miriadi di assassinii di fronte all'assassinio della vita stessa?"), tra gli assorti monaci-guerrieri del disdegno e di un no non piccino, non contenuto, non relativo: ma assoluto e immane.

 




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